Picc e Pala
venerdì 26 ottobre 2012
Villa Minozzo: firme contro il ripetitore
“Quell’antenna deve essere realizzato in un altro posto”: lo chiedono con forza gli oltre 200 cittadini di Villa Minozzo che hanno firmato una petizione in cui dimostrano tutta la loro contrarietà al progetto “di un nuovo ripetitore per telefonia mobile dell’azienda telefonica H3G dietro un pagamento di un canone annuo di 10mila euro previsto in località Saldine”.
A causare lo scontento dei cittadini sarebbe la vicinanza del luogo prescelto sia ad “abitazioni con piccoli e anziani, sia di un centro di cura e riposo per bambini e diversamente abili”.
Ciò che i firmatari chiedono è una revisione del progetto, da concordare con la cittadinanza. “Non ci siamo opposti alla realizzazione del ripetitore – ribadiscono – ma chiediamo prudenza nel fare determinate scelte che riguardano anche la salute dei cittadini”.
Secondo quanto riportato dal comitato "Saldine per la decisione virtuosa", il sindaco Fiocchi avrebbe affermato che vi sarebbero “più di 150 i metri in linea d'aria di distanza dalla casa più vicina”, ma i cittadini smentiscono con decisione: “A noi risulta che i metri siano circa 105-110 dalla casa più vicina. Circa un terzo in meno: non briciole. Siamo stupiti di questa risposta e chiediamo al sindaco di verificare meglio con i suoi tecnici – affermano - Noi discutiamo la scelta di concedere l'installazione dell'antenna in un terreno a 105 metri circa dalla prima casa, a 120 metri dalla seconda e a 130-135 metri circa dalla Casa Protetta. Ci sono bambini che giocano in un prato che è a 80 metri da dove sorgerebbe l’antenna. Chiediamo al sindaco: lui si sentirebbe tranquillo se i suoi bambini o nipoti giocassero a così poca distanza dal ripetitore?”.
Ad aumentare le preoccupazioni di quanti hanno siglato la petizione, poi, c’è anche “un’antenna per telefonia di altri operatori, già installata nelle vicinanze delle prime case coinvolte”. Ma dove potrebbe sorgere il nuovo ripetitore? Il comitato indica “diverse aree pubbliche” lungo la “strada che collega Villa Minozzo a Montefelecchio. Perchè non installarlo lì, lontano da abitazioni?”.
domenica 12 agosto 2012
C'E' UNA SINISTRA OLTRE IL MONTISMO
domenica 22 luglio 2012
Sentenza eccezzionale
Ciò significa che ogni svendita di pubblici servizi, non sarà più giustificabile dal fatto che fosse la suddetta legge ad imporla, ma rappresenterà una precisa scelta politica delle giunte e dei consigli comunali, scelte delle quali dovranno rendere conto ai cittadini. Ci auguriamo quindi che il Comune di Villa Minozzo e i vari comuni montani liberi da ogni balzello e leggi incostituzionali avvii al più presto i percorsi necessari al fine di ripubblicizzare i beni comuni partendo dal servizio idrico integrato.
Pierpaolo Prandi, Segretario Circolo Prc "Montagna"
venerdì 20 luglio 2012
No alla chiusura degli uffici postali!
Pierpaolo Prandi, Segretario Circolo Prc "Montagna"
sabato 14 luglio 2012
mercoledì 11 luglio 2012
Ordine del giorno sulla questione rifiuti
ORDINE DEL GIORNO
SISTEMA DI RACCOLTA E SMALTIMENTO DEI RIFIUTI SOLIDI URBANI
L’autorità di ambito territoriale ottimale di Reggio Emilia, nella seduta del 29/07/2011, al termine
della discussione del primo punto all’ordine del giorno “Piano d’ambito per la gestione dei rifiuti
urbani ed assimilati. Approvazione quadro conoscitivo, modello organizzativo di piano. Indirizzi
per l’attuazione e politiche tariffarie” deliberava di approvare il documento “Definizione dello
stato di fatto del servizio di gestione dei rifiuti urbani. Individuazione delle criticità.
Individuazione interventi necessari al conseguimento degli obiettivi e definizione dello scenario
di piano”.
In tale documento il modello organizzativo proposto per il comune di Villa Minozzo è stato
quello “stradale potenziato per il 100% della popolazione”, in cui la raccolta del rifiuto
indifferenziato, della carta, del vetro e delle lattine rimane sostanzialmente sulla strada, mentre
per la frazione organica si rimanda all’autocompostaggio.
La percentuale di raccolta differenziata del comune di Villa Minozzo, dato del 2010, si
ferma al 29,1%, valore più basso di tutta la provincia di Reggio Emilia.
Il livello di raccolta differenziata atteso nello scenario di piano per il nostro comune è del 41,6%
e la messa a regime dello scenario di piano stesso è fissata entro il 2014.
La gestione della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti urbani è oggetto di studio e discussione
sia a livello provinciale sia a livello nazionale e comunitario, non solo per le problematiche
ambientali naturalmente collegate, ma anche per i profitti economici che se ne traggono da una
gestione rivolta ad inceneritori e discariche, i cui costi ricadono pesantemente sulle famiglie.
E’ altresì vero che in alcune realtà locali italiane si stanno sperimentando con successo
metodi di raccolta con il fine di aumentare considerevolmente il differenziato, e politiche
di riduzione del rifiuto che stanno portando a risultati estremamente incoraggianti.
L’assessore all’ambiente del comune di Capannori (LU) Alessio Ciacci, nel workshop
“STRATEGIA RIFIUTI ZERO” tenutosi a Casina nella giornata di sabato 24 marzo 2012, ha
esposto la propria esperienza quale amministratore di un comune che ha voluto costruire una
politica ambientale i cui punti fondamentali fossero due, e cioè la sostenibilità e la
partecipazione attiva della cittadinanza, con il fine di raggiungere il traguardo dei rifiuti zero
entro il 2020.
L’esperienza di Capannori (ora seguita da oltre una settantina di altri Comuni italiani, del Nord e
del Sud) dimostra che questo obiettivo è possibile e lo si può raggiungere mettendo in campo
tante piccole iniziative ed azioni.
I vantaggi di questa scelta - economici, ambientali e di salute pubblica – sono innegabili!
Per quanto sopra esposto si invita l’amministrazione comunale di Villa Minozzo a:
- informare il consiglio comunale sullo stato di attuazione del piano d’ambito per quanto
attiene il nostro territorio e con quali modalità si è data attuazione al potenziamento della
raccolta su strada, nell’intero comprensorio comunale;
- fare attività di sensibilizzazione, informazione e formazione sulle modalità di attuazione
della raccolta differenziata (inutile disseminare cassonetti per la raccolta delle frazioni di
rifiuto se i residenti non si operano attivamente in questa direzione e buttano
indistintamente i rifiuti nel raccoglitore più prossimo all’abitazione!);
- fare attività di sensibilizzazione, informazione e formazione nell’attività di
autocompostaggio della frazione organica, promuovendo la stessa come importante
azione verso la riduzione di una frazione di rifiuto che, se segue la via dell’indifferenziato,
risulta essere fra le più tossiche ed inquinanti;
- a valutare la riduzione della TARSU e l’erogazione di un contributo nell’acquisto di una
compostiera a favore delle famiglie che svolgono il compostaggio domestico, sul modello
di quanto attuato già da altri Comuni del comprensorio montano (vedi Casina e Carpineti).
La sfida ambientale si sta facendo drammaticamente urgente, e siamo tutti chiamati, cittadini ed amministratori, a fare delle scelte da cui dipenderà il futuro nostro e dei nostri figli.
Prendiamone coscienza e iniziamo seriamente a lavorarci.
venerdì 29 giugno 2012
Mozione sul sistema idrico integrato
MOZIONE
Per inserire nello Statuto Comunale il principio inviolabile che riconosce l’acqua come “diritto umano universale senza rilevanza economica”
Premesso che:
in data 12 e 13 giugno 2011 l'art. 154 del d.lgs. n. 152 del 2006 è stato parzialmente abrogato con l'espunzione, tra i componenti della tariffa del Servizio Idrico Integrato della “remunerazione del capitale investito”; la Corte costituzionale con la sentenza n. 26 del 2011, con la quale ha dichiarato costituzionalmente ammissibile il quesito referendario, ha chiarito che l'esito di questa abrogazione è direttamente applicabile, per cui la disposizione come risultante dall'abrogazione referendaria è immediatamente operativa e non serve attendere alcun intervento legislativo; che l'esito abrogativo si è già prodotto in quanto il risultato referendario è stato sancito con i il Decreto del Presidente della Repubblica 18 Luglio 2011, n. 116 pubblicato in Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 167 del 20 Luglio 2011;
era stata presentata in data 18/10/2011 (prot. 5114), un’altra mozione con identico oggetto e discussa nel consiglio comunale del 05/11/2011, come punto n.3 all’ordine del giorno, al termine del quale, dopo aver rimandato ad opportuna commissione, si è votato di rimandare la votazione della mozione stessa;
in data 28/01/2012, nella sala del consiglio comunale si svolta un’assemblea pubblica, alla quale erano presenti il sindaco ed altri consiglieri di maggioranza, in cui si è discusso della gestione del servizio idrico integrato nel comune di Villa Minozzo: al termine della serata si era proposto di formare un gruppo di lavoro, che si sarebbe dovuto occupare di concretizzare quanto discusso in assemblea.
Considerato che:
il risultato di questa consultazione a livello nazionale dimostra indiscutibilmente una volontà popolare di mantenere il bene acqua al di fuori di logiche di profitto;
il 96% dei votanti di Villa Minozzo hanno espresso in maniera inequivocabile con il loro voto che l’acqua è un bene comune privo di rilevanza economica sul quale non devono essere fatti profitti; questo risultato è un chiaro segnale di volontà politica: i cittadini di Villa Minozzo vogliono la ripubblicizzazione della gestione dell’acqua e chiedono un nuovo modello di gestione interamente pubblico e partecipato dal basso.
Il consiglio comunale di Villa Minozzo si impegna:
ad inserire nel proprio statuto, entro 90 gg. dall’approvazione della presente mozione, i seguenti punti:
il comune di Villa Minozzo riconosce il diritto umano all'acqua, ossia l'accesso all'acqua come diritto
umano, universale, indivisibile, inalienabile e lo status dell'acqua come bene comune pubblico;
il comune di Villa Minozzo conferma il principio della proprietà e gestione pubblica del servizio idrico
integrato e che tutte le acque, superficiali e sotterranee, anche se non estratte dal sottosuolo, sono pubbliche
e costituiscono una risorsa da utilizzare secondo criteri di solidarietà;
il comune di Villa Minozzo riconosce che il servizio idrico integrato è un servizio pubblico locale privo di
rilevanza economica, in quanto servizio pubblico essenziale per garantire l'accesso all'acqua per tutti e pari
dignità umana a tutti i cittadini, quindi la sua gestione deve essere attuata attraverso un ente di diritto pubblico in base agli art. 31 e 114 del d.lgs n. 267/2000; ad incaricare la commissione competente, per valutare: l’eventuale inserimento nello statuto comunale di ulteriori e specifiche norme a difesa dell’ambiente e del diritto pubblico; per quel che riguarda la gestione del sistema idrico integrato, ciò che può essere realizzato nel comune di Villa Minozzo.
Infine, si invita la giunta ed il sindaco di Villa Minozzo, a portare nelle sedi opportune la posizione di questo
consiglio comunale, sia per quanto riguarda la ripubblicizzazione del servizio idrico integrato, sia per quanto
attiene al sistema tariffario, con l’abolizione, come sancito dal referendum, delle voce relativa al “capitale
investito”.
Odg su spese militari
Nuovo gruppo consigliare
sabato 2 giugno 2012
Aiuto ai terremotati
mercoledì 30 maggio 2012
L'inutile parata....
Sono personalmente grato al ministro Forlani per avere deciso la sospensione della parata militare del 2 giugno, e naturalmente mi auguro che la sospensione diventi una soppressione.
Non avevo mai capito, infatti, perché si dovesse celebrare la festa nazionale del 2 giugno con una parata militare. Che lo si facesse per la festa nazionale del 4 novembre aveva ancora un senso: il 4 novembre era la data di una battaglia che aveva chiuso vittoriosamente la prima guerra mondiale. Ma il 2 giugno fu una vittoria politica, la vittoria della coscienza civile e democratica del popolo sulle forze monarchiche e sui loro alleati: il clericalismo, il fascismo, la classe privilegiata. Perché avrebbe dovuto il popolo riconoscersi in quella sfilata di uomini armati e di mezzi militari che non avevano nulla di popolare e costituivano anzi un corpo separato, in netta contrapposizione con lo spirito della democrazia?
C’era in quella parata una sopravvivenza del passato, il segno di una classe dirigente che aveva accettato a malincuore il responso popolare del 2 giugno e cercava di nasconderne il significato di rottura con il passato, cercava anzi di ristabilire a tutti i costi la continuità con questo passato. Certo, non si era potuto dopo il 2 giugno riprendere la marcia reale come inno nazionale, ma si era comunque cercato nel passato l’inno nazionale di una repubblica che avrebbe dovuto essere tutta tesa verso l’avvenire, avrebbe dovuto essere l’annuncio di un nuovo giorno, di una nuova era della storia nazionale. Io non ho naturalmente nulla contro l’inno di Mameli, che esalta i sentimenti patriottici del Risorgimento, ma mi si riconoscerà che, essendo nato un secolo prima, in circostanze del tutto diverse, non aveva e non poteva avere nulla che esprimesse lo spirito di profondo rinnovamento democratico che animava il popolo italiano e che aveva dato vita alla Repubblica.
La Costituzione repubblicana, figlia precisamente del 2 giugno, aveva scritto nell’articolo primo che l’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro.
Una repubblica in primo luogo. E invece quel tentativo di rinverdire glorie militari che sarebbe difficile trovare nel passato, quel risuonare di armi sulle strade di Roma che avevano appena cessato di essere imperiali, quell’omaggio reso dalle autorità civili della repubblica alle forze armate, ci ripiombava in pieno nel clima della monarchia, quando il re era il comandante supremo delle forze armate, “primo maresciallo dell’impero”. Le monarchie, e anche quella italiana, eran nate da un cenno feudale e la loro storia era sempre stata commista alla storia degli eserciti: non a caso i re d’Italia si eran sempre riservati il diritto di scegliere personalmente i ministri militari, anziché lasciarli scegliere, come gli altri, dal presidente del consiglio. Ma che aveva da fare tutto questo con una repubblica che, all’art. 11 della sua costituzione, dichiarava di ripudiare la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali? Tradizionalmente le forze armate avevano avuto due compiti: uno di conquista verso l’esterno e uno di repressione all’interno, e ambedue sembravano incompatibili con la nuova costituzione repubblicana.
Repubblica democratica in secondo luogo. In una democrazia sono le forze armate che devono prestare ossequio alle autorità civili, e, prima ancora, devono, come dice l’art. 52 della costituzione, uniformarsi allo spirito democratico della costituzione. Ma in questa direzione non si è fatto nulla e le forze armate hanno mantenuto lo spirito caratteristico del passato, il carattere autoritario e antidemocratico dei corpi separati, sono rimaste nettamente al di fuori della costituzione. I nostri governanti hanno favorito questa situazione spingendo ai vertici della carriera elementi fascisti, come il gen. De Lorenzo, ex-comandante dei carabinieri, ex-capo dei servizi segreti ed ex-capo di stato maggiore, e, infine, deputato fascista; come l’ammiraglio Birindelli, già assurto a un comando Nato e poi diventato anche lui deputato fascista; come il generale Miceli, ex-capo dei servizi segreti e ora candidato fascista alla Camera. Tutti, evidentemente, traditori del giuramento di fedeltà alla costituzione che bandisce il fascismo, eppure erano costoro, come supreme gerarchie delle forze armate, che avrebbero dovuto incarnare la repubblica agli occhi del popolo, sfilando alla testa delle loro truppe, nel giorno che avrebbe dovuto celebrare la vittoria della repubblica sulla monarchia e sul fascismo. E già che ho nominato De Lorenzo e Miceli, entrambi incriminati per reati gravi, e uno anche finito in prigione, che dire della ormai lunga lista di generali che sono stati o sono ospiti delle nostre carceri per reati infamanti? Quale prestigio può avere un esercito che ha questi comandanti? E quale lustro ne deriva a una nazione che li sceglie a proprio simbolo?
Infine, non dimentichiamolo, questa repubblica democratica è fondata sul lavoro. Va bene che, nella realtà delle cose, anche quest’articolo della costituzione non ha trovato una vera applicazione. Ma forse proprio per questo non sarebbe più opportuno che lo si esaltasse almeno simbolicamente, che a celebrare la vittoria civile del 2 giugno si chiamassero le forze disarmate del lavoro che sono per definizione forze di pace, forze di progresso, le forze su cui dovrà inevitabilmente fondarsi la ricostruzione di una società e di uno stato che la classe di governo, anche con la complicità di molti comandanti delle forze armate, ha gettato nel precipizio?
Vorrei che questo mio invito fosse raccolto da tutte le forze politiche democratiche, proprio come un segno distintivo dell’attaccamento alla democrazia. E vorrei terminare ancora una volta, anche se non sono Catone, con un deinde censeo: censeo che il reato di vilipendio delle forze armate (come tutti i reati di vilipendio) è inammissibile in una repubblica democratica.
sabato 5 maggio 2012
L'ennesima umiliazione!
Prc Villa Minozzo
venerdì 20 aprile 2012
IL 25 APRILE: ATTUALITA’ DI UNA RICORRENZA, OVVERO QUANDO LA PRIMAVERA DIVENNE STORIA NEL NOSTRO PAESE
Da quel giorno di primavera in cui l’insurrezione generale di un popolo, in armi e senza uniformi, liberò l’Italia dal regime fascista e dall’invasore nazista, la data del 25 Aprile, fu chiamata per consuetudine “Il giorno della liberazione”. Sapendo che la fonte del diritto è la consuetudine, questo giorno e diventato per legge, cioè per volontà del popolo, una ricorrenza. Fu poi lo stesso popolo che, attraverso i propri rappresentanti, diede vita alla Costituzione, la quale altro non è che un patto sociale tra uomini liberi, la madre di tutte le leggi, la legge primaria dello Stato che indica i principi fondamentali che regolano la nostra convivenza civile e politica. Non è una costituzione donata, come quella che il re Carlo Alberto diede al Piemonte e che poi adottò tutta l’Italia Risorgimentale, ma una Costituzione scaturita dalla lotta di liberazione di un intero popolo. Liberazione dall’impedimento di conoscere altre esigenze politiche, dalla miseria e dalla fame, dalle atrocità della guerra, dai divieti di tutto ciò che non era espressione della così detta cultura fascista. La liberazione fu ottenuta attraverso un itinerario terribile, fatto di sofferenze e di morte, ma allo stesso tempo, fu un patrimonio collettivo che nessuno di noi, finita la guerra, ha abbandonato. Per comprenderlo ed apprezzarlo basta aver letto e conosciuto la storia dei tanti combattenti che hanno vissuto quell’itinerario terribile. Uno di questi, Giacomo Ulivi, di 18 anni, quando fu arrestato, perché partigiano, pochi momenti prima di essere fucilato, scrisse una lettera ai suoi compagni di scuola. Spiegò perché era diventato partigiano, ed al termine concluse dicendo: “Vi devo lasciare, il picchetto che mi deve fucilare è venuto a predermi, ma vi prego, cari amici, non pensate a me come ad un eroe: ci vuole meno a morire per un’idea che non vivere ogni giorno per quell’idea”. E’ stato un messaggio forte e fu così diffuso, assimilabile a molteplici altri analoghi, che segnarono lo spirito democratico e antifascista della nostra Costituzione, ma il fascismo non è morto, “Il ventre che ha partorito questa bestia immonda è ancora fecondo”. Nuovi fascismi si sono rigenerati e nuove forme di razzismo vengono adottate che sfociano in vere e proprie forme di squadrismo tra i quali emerge anche nella nostra Provincia, CasaPound. Questi ultimi fondono la loro attività “sull’immaginario combattivo, negazionista e rivoluzionario della destra sociale legate al combattimento delle squadracce …” Uno dei loro motti è l’idea guida che Mussolini imponeva ad ogni cittadino: “Credere, obbedire, combattere”. Dobbiamo contrastare questo slogan anche culturalmente, oltre che fisicamente a chi lo ripropone, in rapporto alla vita democratica: “La vita democratica non ci dice di credere, ci dice e ci domanda di ragionare. La democrazia non ci dice di obbedire, ci dice di scegliere, perché obbedire può essere perfino comodo, ma non ci toglie la responsabilità che quello che decidiamo lo decidiamo solo per noi, ma anche per gli altri, perciò non dobbiamo obbedire, ma scegliere, non dobbiamo scegliere la guerra, quel combattere come dovere cittadino: no! Noi abbiamo il dovere di cercare le vie della pace per risolvere i problemi che ci sono all’interno dei paesi e nei rapporti tra i popoli”. Ecco la bellezza della democrazia ed il ripudio della violenza. La sua validità, rispetto al altre forme di governo, non consiste nel fatto che la democrazia sia infallibile, anche in democrazia si commettono errori. Guardiamo, per esempio, quanto è avvenuto nel “Ventennio breve” del governo Berlusconi e quanto sta avvenendo oggi con il cosiddetto governo tecnico di Monti, ma la democrazia ha questo vantaggio, che chiedendo a ciascuno di esserci, e di esserci come protagonista, riduce lo spazio possibile degli errori e delle manomissioni e, quando si commettono, rende più rapida la loro correzione. Quindi la qualità della politica si lega strettamente alla qualità della nostra partecipazione. Per questi motivi e con questo spirito invitiamo tutti i cittadini, i democratici, gli antifascisti, a partecipare come protagonisti a tutte le lotte in corso, per la democrazia nei posti di lavoro, per il lavoro e la giustizia sociale, per la pace ed il ritiro delle nostre truppe dalla zone di conflitto, per una vita collettiva a misura di uomo ed una sviluppo economico ecocompatibile, per una idea di libertà che si chiama: “Ora e sempre resistenza”.
di REGGIO EMILIA
mercoledì 18 aprile 2012
La lega nord di Reggio Emila
La lega nord ha governato il nostro paese per otto lunghi anni:ha votato tutte le leggi porcata del governo Berlusconi!
ha salvato Cosentino e l'ex Ministro Romano accusati di collusione con la camorra e la mafia!
ha prodotto quanto di più vigliacco ed inumano si potesse produrre in tema di accoglienza,sicurezza e politiche del lavoro(medici spioni,presidi spioni,pieno sostegno alle politiche antisindacali ed antioperaie dell'ex Ministro Sacconi)!
oggi è nella bufera giudiziaria ,a VARESE,a Milano ,a Genova,a REGGIO EMILIA!
è ACCUSATA DI NEPOTISMO FAMILIARE,DISTRAZIONE DI SOLDI PUBBLICI,DI ACQUISTO DI CASE CON RISTRUTTURAZIONI AD INSAPUTA DEI BENEFICIATI,DI MULTE FATTE PAGARE AL PARTITO,DI INTESTAZIONI DI IMMOBILI DONATI AL PARTITO,DI SPREGIUDICATE OPERAZIONI FINANZIARIE IN PAESI PARADISO FISCALE!
L'Onorevole ANGELO ALESSANDRI ha governato la lega EMILIA con pugno di ferro.!
ha cacciato tutti quelli che chiedevano il conto delle spese,non ha mai reso pubblico lo scontro interno parlando di panni sporchi da lavare in famiglia!
oggi non può accusare stanchezza del comando(lo hanno fatto fuori dal federale!)e promettere un passo indietro!
deve dimettersi ed all'atto delle dimissioni deve chiedere scusa per aver seminato odio e intolleranza civile nella città dei martiri del 7 luglio e dei fratelli CERVI!
SEGRETERIA POLITICA PRC REGGIO EMILIA
Il rischio dell'antipolitica
Ormai tutti sembrano cedere all'onda dell'antipolitica: "i partiti sono tutti uguali e tutti ladri". Noi non condividiamo i toni demagogici che sta assumendo il dibattito sul finanziamento dei partiti. Come ogni attività, la politica richiede energie, disponibilità di tempo e comporta costi. Sostenerli con risorse pubbliche è la condizione per garantire a tutti la possibilità di accedervi, ovviamente purché questo avvenga con meccanismi trasparenti, leggi chiare e vincolanti, ed è su questo che bisogna lavorare. Così come servono regole trasparenti sui contributi dei privati, se vogliamo evitare di consegnare il controllo della politica a lobby di finanziatori interessati. Destinare denaro pubblico ai partiti non è uno scandalo, ma un investimento nella democrazia. Altri sono gli scandali, gli sprechi, le ruberie, il costo della corruzione. La giusta indignazione verso chi distoglie quelle risorse per fini personali tradendo la fiducia degli elettori e il vincolo etico della politica non può cancellare il ruolo essenziale dei partiti come strumenti della rappresentanza. Naturalmente i partiti devono ammettere la propria crisi e assumere la sfida del rinnovamento, per colmare la distanza con la società e restituire alle persone la percezione che la politica possa essere davvero utile al cambiamento e al progresso sociale. Non giova a questo scopo che i partiti si chiudano a riccio nella propria autodifesa, ma non giova neppure che voci autorevoli facciano di ogni erba un fascio accusando tutti i politici di essere una casta. Come se industriali, banchieri e ministri tecnici non fossero una casta pure loro. Non vorremmo che a quella dei politici si sostituisse la casta di chi si autodefinisce società civile. Inoltre i partiti NON sono tutti uguali basta dare un occhiata alla tabella pubblicata per rendersene conto.
mercoledì 11 aprile 2012
La Fornero chiude un sito. Il delirio e la censura
E' un provvedimento di una gravità inaudita e senza precedenti quello con il quale il Ministro del Lavoro ha ordinato alla Direzione Provinciale del lavoro di Modena l'immediata chiusura del proprio sito internet.
"Al fine di garantire una rappresentazione uniforme delle informazioni istituzionali e con riferimento agli obblighi di trasparenza ed ai profili di comunicazione e pubblicazione delle informazioni di interesse collettivo anche per quanto attiene agli Uffici territoriali, si chiede alle SS.LL. di provvedere alla immediata chiusura del sito internet www.dplmodena.it".
E' questo il contenuto della nota che il Segretario generale del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha indirizzato lo scorso 5 aprile all'ufficio territoriale del proprio Ministero.
Un'iniziativa, quella del Ministro Fornero, politicamente inaccettabile e giuridicamente illegittima, sbagliata del metodo e nel merito.
Cominciamo dal metodo.
Quale che fosse il contenuto di talune delle pagine web – evidentemente invise al Ministro del lavoro – è evidente che nulla giustifica la chiusura di un intero sito internet per ottenerne la rimozione dallo spazio pubblico telematico. E' esattamente come chiudere un giornale a seguito della pubblicazione di un articolo che si ritiene – a torto o a ragione – diffamatorio. Anzi, peggio. E' come chiudere un ufficio pubblico perché uno dei dipendenti, funzionari o utenti che lo frequentano si è lasciato andare a qualche considerazione ritenuta inopportuna dal Ministro.
Il sito internet della Direzione provinciale del lavoro di Modena, rendeva accessibili al pubblico – un pubblico di oltre 18 milioni di utenti – migliaia di informazioni e documenti preziosi per i cittadini che ne visitavano le pagine.
Per convincersene è sufficiente visitare alcune delle pagine del sito ancora accessibili nonostante la censura ministeriale: notizie relative ai diritti dei cittadini nei confronti della pubblica amministrazione, informazioni e commenti relativi alla riforma del sistema pensionistico, pagine dedicate alle opportunità di lavoro per gli extra-comunitari o al rinnovo del permesso di soggiorno, solo per fare qualche esempio.
Centinaia di migliaia di contenuti sui quali si è abbattuta la mannaia censorea del Ministro Fornero.
Se la pubblicazione di taluni dei contenuti pubblicati sul sito era, davvero, illegittima – circostanza della quale è almeno lecito dubitare – il Ministero avrebbe potuto – a tutto voler concedere – dare al proprio ufficio indicazioni per la modifica o, a tutto voler concedere, per la rimozione.
Ordinare la chiusura di un sito internet è un gesto dettato o da un delirio di onnipotenza di un Ministro – e/o di un suo dirigente – che ritiene, evidentemente, di essere padrone dell'informazione o da una tanto profonda ignoranza delle dinamiche di circolazione dell'informazione online da risultare grave almeno tanto l'ipotesi del delirio di onnipotenza.
E veniamo al merito.
"Al fine di garantire una rappresentazione uniforme delle informazioni istituzionali e con riferimento agli obblighi di trasparenza ed ai profili di comunicazione e pubblicazione delle informazioni di interesse collettivo".
E' questa la motivazione con la quale il Ministro del Lavoro ha disposto la chiusura del sito. E' uno scherzo? Un pesce d'aprile arrivato in ritardo?
Se così non fosse saremmo dinanzi ad uno dei più gravi attentati alla libertà di informazione ad opera di un Governo dal ventennio fascista ad oggi. Un provvedimento che ben avrebbe potuto portare la firma del Ministro per la propaganda di Mussolini o di quello dell'informazione di Saddam Hussein.
"Rappresentazione uniforme delle informazioni istituzionali" è, infatti, solo una parafrasi per dire che il Ministro non gradisce la diffusione e pubblicazione di notizie ed informazioni difformi dalle proprie. Fuori dal linguaggio istituzionale, il Ministro sta dicendo che non ammette che sulle pagine di un sito ricollegabile – in senso lato – al proprio Ministero siano pubblicate critiche ed opinioni contrarie alla propria azione di governo ed al modo di presentarla unilateralmente prescelto dal Ministro e dal suo staff.
E' un modo di guardare alla politica, al governo ed alla democrazia degno di un tiranno di altri tempi o del leader militare di una qualche dittatura anti-democratica: ci si sottrare al confronto, alla critica ed al dialogo a colpi di censura ed ordini di cancellazione di informazioni e contenuti sgraditi.
E' questa l'idea di sviluppo sociale e democratico che guida l'azione del Ministro Fornero? E' urgente che il Premier chiarisca la sua posizione al riguardo, prenda le distanze dal gesto del suo Ministro e la inviti, senza ritardo, a rassegnare le sue dimissioni. Non c'è miracolo economico né riforma del sistema del lavoro – ammesso anche che il Governo dei professori stia lavorando bene per perseguire tali obiettivi – che abbia un senso, se il prezzo da pagare è quello di accettare di risvegliarci in un Paese meno democratico e meno libero di quello nel quale abbiamo vissuto sino qui.
da Ilfattoquotidiano.it Mercoledì 11 Aprile 2012
mercoledì 4 aprile 2012
Riforma del lavoro. L’Italia come l’Argentina?
Venti anni fa il presidente argentino Carlos Menem abolì le leggi a tutela dei lavoratori ottenute dopo anni di lotte sociali, un provvedimento che neppure la dittatura militare aveva osato prendere.
Anche allora fu un tecnico ad occuparsi della riforma, Domingo Cavallo pose fine al "populismo peronista".
Il problema dell'Argentina di quegli anni era un'inflazione stratosferica e senza controllo. La prima mossa del duo Menem - Cavallo fu di stabilire il rapporto di parità peso-dollaro che ottenne lo scopo di far calare immediatamente l'inflazione.
Quindi il via ad una serie di riforme con l'obiettivo di migliorare la competitività e far ripartire l'economia. I risultati ottenuti nell'immediato permisero a Carlos Menem, per comportamento certo più simile a Berlusconi che a Monti, di essere rieletto e di proseguire il suo programma di macelleria sociale. Fatto di liberalizzazioni senza regole, di privatizzazioni e dismissioni di industrie pubbliche.
Menem e Cavallo si accanirono soprattutto sula flessibilità del lavoro, con la legalizzazione dei contratti a tempo determinato e la riduzione dei salari, ottenendo sì una diminuzione del costo del lavoro e un aumento dei profitti delle aziende, a fronte di un progressivo, devastante impoverimento della classe lavoratrice.
Anche il gettito previdenziale - pensionistico subì un calo drastico e venne di conseguenza privatizzato e gestito dalle grandi banche. Questo avrebbe dovuto portare l'Argentina ad occupare i primi posti nell'economia mondiale. Avvenne l'esatto contrario. L'industria entrò in una crisi profonda, le aziende chiudevano una appresso all'altra, la disoccupazione toccò livelli mai raggiunti nel paese sudamericano, che collassò nel dicembre 2001. Un paese devastato e sull'orlo della guerra civile.
I disoccupati erano un quarto della forza lavoro, le banche confiscarono i depositi dei correntisti. Intervenne il Fmi, ma quel denaro venne utilizzato per il salvataggio dei grandi capitalisti che esportarono all'estero trilioni di dollari.
Il sistema bancario argentino si trovò a disporre di una grande liquidità e cominciò a prestare denaro allo stato a tassi di interesse elevatissimi, stato che si svenava riversandolo al sistema pensionistico privatizzato e gestito dalle stesse banche. Intanto tre milioni di lavoratori rimasero senza lavoro e senza pensione. Anche qui il paragone con gli esodati non è, per certi versi, inopportuno, anche se la proporzione è fortunatamente sottodimensionata, al momento.
Alle elezioni del 2003, Menem si ritirò prima del secondo turno prevedendo una sonora sconfitta, vinse Nestor Kirchner che iniziò ad attuare un programma portato avanti dalla moglie Cristina eletta presidente nel 2007 e rieletta nel 2011. Abolire una ad una tutte le riforme di Domingo Cavallo: ripristinati tutti i diritti dei lavoratori, incrementate le pensioni e il sistema pensionistico tornato pubblico.
Con il ritrovato Stato sociale oggi l'Argentina è il paese con i salari più alti di tutta l'America latina e il costo del lavoro è inferiore al 2001.
La conclusione parrebbe ovvia, non è con i tagli a pensioni e salari e con la possibilità di licenziare i lavoratori che si stimolano gli investimenti e aumentano produttività e utili.
venerdì 30 marzo 2012
Solo una famiglia su tre arriva a fine mese
di Rassegna.it
Solo una famiglia italiana su tre arriva "tranquillamente" a fine mese, almeno 500mila hanno difficoltà a pagare il mutuo sulla casa. E' quanto emerge dall'indagine diffusa oggi (29 marzo) dall'Eurispes, intitolata "L'Italia in nero. Rapporto sull'economia sommersa in Italia" e realizzata con l'istituto San Pio V di Roma. Aumenta il credito al consumo dettato dalla necessità, prosegue, e crescono i poveri "in giacca e cravatta": i lavoratori che usufruiscono di mense e dormitori.
Nel nostro paese le famiglie, per pagare tutti i conti (affitto, luce, gas, riscaldamento) sono costrette a "un difficile gioco d'equilibrio". Secondo la ricerca, infatti, "il ceto medio si trova a subire non più la sindrome della quarta settimana, ma quella della terza settimana". A questo si aggiunge il prezzo dei carburanti in continua salita. Per questo - si legge - "poco più di un terzo delle famiglie italiane riesce ad arrivare con serenità alla fine del mese".
Un italiano su quattro ricorre al credito al consumo per arrivare alla fatidica quarta settimana. L'ammontare di questo credito registra volumi considerevoli: quasi 94 miliardi di euro nel 2008. Dal 2002 al 2011 il credito al consumo in Italia e' cresciuto complessivamente di più del 100%. L'incremento maggiore viene registrato nelle regioni insulari e meridionali (rispettivamente del 107,7% e 105,5%).
L'indagine si sofferma poi sui mutui. Anche in Italia è allarme per l'insolvenza di quelli sulla casa: aumentano i contratti non onorati, il debito complessivo ha superato i 12 miliardi di euro e le famiglie coinvolte sono almeno 500mila. C'è poi la schiera dei "working poors", coloro che lavorano ma sono poveri: questi percepiscono lo stipendio ma alla sera, spiega l'Eurispes, non hanno una casa dove rientrare e chiedono ospitalitàei dormitori pubblici.
Infine, l'economia sommersa svolge una funzione di "ammortizzatore sociale". Il lavoro nero nel 2011 ha raggiunto un valore stimato di 540 miliardi di euro, corrispondenti a circa il 35% del Pil. Il nostro sommerso equivale ai Pil di Finlandia, Portogallo, Romania e Ungheria messi insieme. Il rapporto suggerisce che "almeno il 35% dei lavoratori dipendenti è ormai costretto ad effettuare un doppio lavoro per far quadrare i conti e arrivare alla fine del mese".
mercoledì 28 marzo 2012
Le tante ragioni del 31 Marzo
di Vittorio Agnoletto
Forse diminuisce lo spread tra i titoli tedeschi e quelli italiani ma quello che è certo è che in Italia aumenta lo spread tra i più ricchi e i più poveri, siamo il Paese dell'Europa occidentale nel quale questa forbice è aumentata maggiormente negli ultimi anni.
Ma questa verità non trova spazio nelle prime pagine dei giornali: è occultata in nome di un'ipotetica salvezza nazionale, ma se il nostro Paese continuerà su questo percorso saranno in pochi, e ben conosciuti, a trovare spazio sulla novella Arca di Noè.
Ieri, come tutti i 27 del mese, milioni di italiani hanno ricevuto la busta paga e hanno potuto verificare direttamente il risultato delle politiche del governo Monti. Una busta paga più leggera, ma che è solo l'annuncio di quello che accadrà nei mesi futuri. L' ICI sulla prima casa è dietro l'angolo, l'aumento della benzina è ormai un'esperienza quotidiana e non bisogna essere laureati in matematica per comprendere che l'aumento delle tasse indirette, colpendo in modo eguale chi ha redditi totalmente differenti, costituisce un'enorme ingiustizia.
A chi si ostina a negare tale evidenza consiglio di rileggersi "Lettera ad una professoressa" di don Milani; ne regalerei volentieri una copia alla ministra Fornero ricordandogli anche che "L'obbedienza non è più una virtù".
Penso infatti che nel prossimo futuro si moltiplicheranno le azioni di disobbedienza civile,
Monti sta all'Italia come Marchionne sta alla Fiat.
Anche questo non è difficile da capire, può essere anche tradotto in modo semplice: voi mi date i soldi - lo Stato alla Fiat, i cittadini al governo - ed io ne faccio quello che voglio, li esporto negli USA piuttosto che in Brasile, li ridistribuisco ai miei amici banchieri e speculatori.
L'unica cosa che Marchionne e Monti non fanno è quelli di reinvestirli per procurare lavoro.
Nel frattempo i soliti noti moltiplicano i loro affari nella finanza speculativa: gli scambi finanziari ammontano ogni giorno a 4 trilioni di dollari, in 15 giorno raggiungono il PIL mondiale annuo, il 90% di questi scambi sono speculativi; 24 sono i principali paradisi fiscali nel mondo, un terzo dei quali è in territorio europeo ed altri sono territori oltremare della Gran Bretagna; l'isola di Jersey è un territorio off-shore nel cuore dell'Europa, ma né la BCE, né il Consiglio e la Commissione Europea hanno nulla da dire: nessuno deve disturbare gli speculatori.
Intanto in terra elvetica la banche affittano le cassette di sicurezza degli alberghi perché non hanno più spazio per ospitare gli evasori: nel giugno scorso Tremonti aveva posto il veto italiano alla timida proposta UE di rivedere gli accordi con la Svizzera sul segreto bancario.
I prezzi degli alimentari aumentano ogni giorno, ma nessuna istituzione internazionale, di quelle che pretendono di dettare l'agenda ai nostri popoli, dal FMI all'OCSE, ha nulla da dire sul controllo che un pugno di multinazionali esercita sulla borsa dei prodotti agricoli a Chicago, producendo un forte aumento dei costi sui cerali trasformati in derivati finanziari oggetto di forti manovre speculative.
La manifestazione del 31 parla anche di questo.
E vuole parlare a tutti, senza chiudere le porte a coloro che per ora non hanno ritenuto di aderirvi ufficialmente, pur sapendo che molti dei loro iscritti non vedono l'ora di mandare a casa Monti. Ed infatti la giornata del 31 marzo è la prima mobilitazione esplicitamente contro il governo "tecnico", se si fa eccezione delle mobilitazioni sindacali.
Il dissenso verso questo governo, per quello che valgono lo testimoniano anche i sondaggi, cresce ormai ogni giorno, ma stenta a trasformarsi in opposizione consapevole e capace di costruire momenti di grande unità.
Per questo, anche se il 31 sarà forse ancora una mobilitazione soprattutto di militanti, potrà essere comunque importante. Il messaggio è chiaro: è possibile costruire insieme un'opposizione capace di unire e di essere propositiva.
Deve essere una grande manifestazione pacifica ( e sottolineo questo termine, ritenendo impossibile che qualcuno, in buona fede, non ne capisca l'importanza) capace di interloquire ad esempio con il popolo della CGIL, con un sindacato in mezzo al guado, che se per ora ha trovato la forza di rifiutare il diktat di Monti sull'articolo 18, subito dopo ha accettato la compatibilità del quadro politico, del PD, spostando a dopo le amministrative, a fine maggio lo sciopero, rischiando così di sterilizzarne a priori l'impatto.
Il 31, se ci lavoriamo bene può essere una tappa importante verso una ricomposizione sociale delle mille facce del lavoro: occupati, precari, "affittati a giorni, o a ore" e disoccupati hanno gli stessi interessi; uno dei nostri compiti è facilitare la crescita di questa consapevolezza.
Condizione indispensabile per cambiare la società.