Da quel giorno di primavera in cui l’insurrezione generale di un popolo, in armi e senza uniformi, liberò l’Italia dal regime fascista e dall’invasore nazista, la data del 25 Aprile, fu chiamata per consuetudine “Il giorno della liberazione”. Sapendo che la fonte del diritto è la consuetudine, questo giorno e diventato per legge, cioè per volontà del popolo, una ricorrenza. Fu poi lo stesso popolo che, attraverso i propri rappresentanti, diede vita alla Costituzione, la quale altro non è che un patto sociale tra uomini liberi, la madre di tutte le leggi, la legge primaria dello Stato che indica i principi fondamentali che regolano la nostra convivenza civile e politica. Non è una costituzione donata, come quella che il re Carlo Alberto diede al Piemonte e che poi adottò tutta l’Italia Risorgimentale, ma una Costituzione scaturita dalla lotta di liberazione di un intero popolo. Liberazione dall’impedimento di conoscere altre esigenze politiche, dalla miseria e dalla fame, dalle atrocità della guerra, dai divieti di tutto ciò che non era espressione della così detta cultura fascista. La liberazione fu ottenuta attraverso un itinerario terribile, fatto di sofferenze e di morte, ma allo stesso tempo, fu un patrimonio collettivo che nessuno di noi, finita la guerra, ha abbandonato. Per comprenderlo ed apprezzarlo basta aver letto e conosciuto la storia dei tanti combattenti che hanno vissuto quell’itinerario terribile. Uno di questi, Giacomo Ulivi, di 18 anni, quando fu arrestato, perché partigiano, pochi momenti prima di essere fucilato, scrisse una lettera ai suoi compagni di scuola. Spiegò perché era diventato partigiano, ed al termine concluse dicendo: “Vi devo lasciare, il picchetto che mi deve fucilare è venuto a predermi, ma vi prego, cari amici, non pensate a me come ad un eroe: ci vuole meno a morire per un’idea che non vivere ogni giorno per quell’idea”. E’ stato un messaggio forte e fu così diffuso, assimilabile a molteplici altri analoghi, che segnarono lo spirito democratico e antifascista della nostra Costituzione, ma il fascismo non è morto, “Il ventre che ha partorito questa bestia immonda è ancora fecondo”. Nuovi fascismi si sono rigenerati e nuove forme di razzismo vengono adottate che sfociano in vere e proprie forme di squadrismo tra i quali emerge anche nella nostra Provincia, CasaPound. Questi ultimi fondono la loro attività “sull’immaginario combattivo, negazionista e rivoluzionario della destra sociale legate al combattimento delle squadracce …” Uno dei loro motti è l’idea guida che Mussolini imponeva ad ogni cittadino: “Credere, obbedire, combattere”. Dobbiamo contrastare questo slogan anche culturalmente, oltre che fisicamente a chi lo ripropone, in rapporto alla vita democratica: “La vita democratica non ci dice di credere, ci dice e ci domanda di ragionare. La democrazia non ci dice di obbedire, ci dice di scegliere, perché obbedire può essere perfino comodo, ma non ci toglie la responsabilità che quello che decidiamo lo decidiamo solo per noi, ma anche per gli altri, perciò non dobbiamo obbedire, ma scegliere, non dobbiamo scegliere la guerra, quel combattere come dovere cittadino: no! Noi abbiamo il dovere di cercare le vie della pace per risolvere i problemi che ci sono all’interno dei paesi e nei rapporti tra i popoli”. Ecco la bellezza della democrazia ed il ripudio della violenza. La sua validità, rispetto al altre forme di governo, non consiste nel fatto che la democrazia sia infallibile, anche in democrazia si commettono errori. Guardiamo, per esempio, quanto è avvenuto nel “Ventennio breve” del governo Berlusconi e quanto sta avvenendo oggi con il cosiddetto governo tecnico di Monti, ma la democrazia ha questo vantaggio, che chiedendo a ciascuno di esserci, e di esserci come protagonista, riduce lo spazio possibile degli errori e delle manomissioni e, quando si commettono, rende più rapida la loro correzione. Quindi la qualità della politica si lega strettamente alla qualità della nostra partecipazione. Per questi motivi e con questo spirito invitiamo tutti i cittadini, i democratici, gli antifascisti, a partecipare come protagonisti a tutte le lotte in corso, per la democrazia nei posti di lavoro, per il lavoro e la giustizia sociale, per la pace ed il ritiro delle nostre truppe dalla zone di conflitto, per una vita collettiva a misura di uomo ed una sviluppo economico ecocompatibile, per una idea di libertà che si chiama: “Ora e sempre resistenza”.
di REGGIO EMILIA
Nessun commento:
Posta un commento